Auto elettriche e luoghi comuni, ecco come superare le diffidenze

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

Boris Perilli, digital innovation manager di Sorgenia: “Ne possiedo una da tre anni, e ho capito che circolano troppi pregiudizi. Basterebbe un piccolo cambio di mentalità per ottenere vantaggi importanti, per noi e per l’ambiente”

Sulla pur breve storia delle auto elettriche si sono sedimentati nel tempo una serie di luoghi comuni. Pregiudizi che rendono complicato valutare oggettivamente le opportunità di questa nuova tecnologia al servizio della mobilità, e che mettono una barriera di fronte a chi vorrebbe valutarne rischi e vantaggi. Ma, in fondo, dietro a questo genere di ostacoli c’è una motivazione antica: la resistenza al cambiamento, la pigrizia di non voler modificare le abitudini, anche quando questo porterebbe vantaggi economici per gli utenti e di sostenibilità per l’ambiente, con un abbattimento delle emissioni di Co2 in atmosfera. Ne è convinto Boris Perilli, digital innovation manager di Sorgenia, che in questa intervista racconta la sua esperienza di felice possessore di una Tesla da tre anni, sfatando alcuni dei più diffusi luoghi comuni sulle auto elettriche.

Di cosa parliamo?

Boris, quali sono i preconcetti principali che ti trovi ad affrontare?

Nella classifica delle domande chi mi fanno più spesso, tra le più gettonate c’è: “Quanti chilometri fa?”. Già soltanto chiederlo, dal mio punto di vista, dimostra un preconcetto. L’autonomia dipende da una serie di fattori, a partire dallo stile di guida, e sarebbe impossibile dare una risposta generica. La sfida è di mettere sotto carica il mezzo quando ci fermiamo al parcheggio del centro commerciale, quando siamo a casa e non lo utilizziamo, durante la notte o mentre lo teniamo parcheggiato al lavoro. Quanto ai viaggi, anche quelli lunghi, possono semplicemente essere programmati con qualche sosta: le colonnine più performanti ci consentono già ricariche importanti anche con uno stop di un quarto d’ora all’autogrill. Ma per entrare in questa nuova mentalità è necessario fare un salto culturale, abbandonare il modo di pensare a cui siamo abituati, quello legato al fare rifornimento quando la macchina va in riserva e a impiegare del tempo per andare appositamente dal benzinaio. Da possessore di un’auto elettrica posso dire che la range anxiety, cioè la paura di non riuscire a trovare un posto dove ricaricare la propria auto prima che la batteria si esaurisca, è una sensazione che passa rapidamente con l’esperienza, è il primo dei luoghi comuni che con un minimo di attenzione si può sfatare. Quando non ci sentiremo più chiedere “Quanto ci fai con una ricarica” vorrà dire che una prima barriera sarà stata superata.

Tra le obiezioni più frequenti alle auto elettriche c’è quella che è particolarmente complicato utilizzarle per viaggi lunghi…

Sì, su questo ci sono state anche campagne di stampa e trasmissioni televisive che hanno amplificato tutte le criticità e “pompato” alcuni falsi miti. In realtà secondo la mia esperienza quando si deve fare un viaggio lungo in auto elettrica è importante pianificarlo individuando le infrastrutture di ricarica ad alta potenza sul nostro itinerario. Certo, con questi mezzi non è possibile salire in macchina e fare mille chilometri senza fermarsi mai. Se si è abituati a questo si deve essere disposti a cambiare abitudine scegliendone altre più salutari. Qualche sosta fa bene al fisico e all’attenzione del conducente, e aiuta ad apprezzare di più l’esperienza del viaggio. Tra l’altro ci sono una serie di app che aiutano a pianificare il percorso e a trovare il punto di ricarica che permetta di godere al meglio del viaggio. Con l’auto elettrica cambia, anche in modo determinante, l’esperienza dell’utente: su questi mezzi chi è al volante è sempre più un “passeggero” e sempre meno un conducente, le innovazioni si stanno spostando sempre più verso l’assistenza alla guida.

Tra le critiche più diffuse c’è il fatto che la ricarica è lenta. Sei d’accordo?

No, la domanda “quanto ci impieghi a ricaricare” risponde a un altro luogo comune. Il tempo dipende dal modello della nostra automobile e dalla potenza della colonnina di ricarica. E poi torniamo al discorso di prima: c’è un paradigma da cambiare radicalmente. Non siamo su un’auto a combustione, per la quale dobbiamo andare al distributore quando è a corto di carburante. L’auto elettrica va caricata, soprattutto nell’uso cittadino,  quando non si usa, quando la si lascia parcheggiata a casa o al lavoro, e in quei frangenti il tempo di ricarica perde importanza. Quanto ai viaggi più lunghi, da tre anni mi sposto più volte l’anno da Milano per andare in Puglia: non ho mai avuto problemi e non ci ho mai messo molto più tempo rispetto a quello che impiegavo con un’auto a combustione. Arrivo a destinazione e grazie a una presa schuko in giardino potrei ripartire già la mattina dopo.

Ci sono abbastanza colonnine di ricarica sul territorio nazionale?

Secondo me la crescita è molto accelerata, c’è una corsa a installarne in maniera capillare su tutto il territorio nazionale, dalle grandi città ai posti più remoti. Certo, ci sono alcune criticità ancora da risolvere, si dovrebbe evitare per quanto possibile di installare colonnine in luoghi poco frequentati o in cui normalmente non si parcheggia l’auto, anche se fossero strategici a livello di rete elettrica. Oggi si sta molto più attenti a installarle in luoghi di passaggio e affollati, con almeno due colonnine con due connettori ciascuno, e questo è già una buona garanzia di riuscire a trovare sempre una possibilità di ricarica. L’Italia è in ottima posizione su scala europea per la disponibilità di colonnine rispetto al numero di auto elettriche circolanti: siamo partiti lentamente, sia per le auto sia per le infrastrutture di ricarica, ma ora c’è stata un’accelerazione importante, spinta anche dagli obiettivi UE sulla dismissione delle auto a combustione. Se volessimo individuare una criticità, credo che in questo momento sia rappresentata dagli incentivi, che per come sono stati pensati non credo riusciranno a dare una grande smossa al mercato: 4mila euro su un totale di spesa di 35mila euro sono effettivamente poco incisivi. Con una spesa di 35mila euro si acquista un mezzo che difficilmente avrà 300km di autonomia, con cui quindi difficilmente si riuscirà a fare un viaggio lungo.

Anche la produzione e la ricarica delle auto elettriche apre un tema di sostenibilità?

Il luogo e le modalità con cui si reperiscono le risorse per fabbricare le auto elettriche sono ovviamente fondamentali. Se produci dove non si rispettano i diritti umani, o dove si disbosca per ottenere le terre rare, si apre un problema di sostenibilità ambientale e sociale. A questo proposito la Commissione Europea si sta adoperando per aggiornare la direttiva che regola il fine vita delle batterie, e pensa all’utilità di introdurre una sorta di “passaporto della batteria” tramite il quale l’utente ha la certificazione della provenienza dei materiali con cui è fatta e sul rispetto dell’ambiente e i diritti umani di chi l’ha prodotta. Questo per tutte le batterie montate sulle auto vendute in Unione Europea. Chiaramente la questione si riflette anche sui paesi in via di sviluppo, dove principalmente questi materiali vengono estratti, e dove è importante che vengano garantiti i diritti di base del lavoro. Allo stesso modo, è importante che l’energia utilizzata per ricaricare le batterie sia ottenuta da fonti rinnovabili e non da fonti fossili se si vogliono davvero ridurre le emissioni. Mi pare importante sottolineare, inoltre, che un motore elettrico è efficiente all’80% circa mentre uno termico è efficiente circa al 35%. Questo vuol dire che per ogni tot di euro spesi per la ricarica o il pieno, nel caso di un motore termico solo un terzo è utile per spostarsi, mentre il resto viene letteralmente bruciato. Scegliere un’auto elettrica è un passaggio fondamentale se si vuole realizzare davvero la transizione energetica.

Il nodo del prezzo. Davvero le auto elettriche costano troppo?

È sbagliato rimanere ancorati soltanto al prezzo di listino, ma si devono tenere in considerazione una serie di aspetti collegati. A influire in modo decisivo sul prezzo di un’auto elettrica è il costo della batteria, quelle più performanti fanno salire il costo finale anche di decine di migliaia di euro. In ogni caso, se anche il prezzo d’acquisto iniziale può apparire alto, è importante sapere che il costo si ammortizza abbastanza rapidamente, ad esempio, con l’abbattimento della spesa per il carburante. Nel mio caso, prima spendevo 400 euro di gasolio al mese: oggi, per percorrere gli stessi chilometri su un’auto elettrica, ne spendo meno di 100. A questo aggiungerei il fatto che l’auto elettrica ha meno parti usurabili rispetto a quella con il motore a combustione: niente filtri, niente candele, niente olio, utilizzo molto ridotto dei freni grazie alla frenata rigenerativa, e anche gli pneumatici si consumano molto meno grazie al controllo elettronico della trazione, che viene direttamente dal motore e non soltanto dal freno, come nei motori a combustione. Questo consente di recuperare energia e di avere risposte molto più rapide rispetto a quando accade con i motori a combustione. Sono elementi che incidono sulla spesa, e rendono l’auto elettrica estremamente più conveniente di quella tradizionale. Infine, dedicherei un passaggio allo smaltimento delle componenti delle auto elettriche, a partire dalle batterie. Una volta esaurito il loro compito per l’automobile, possono essere infatti riutilizzate, in una sorta di “seconda vita”, per lo storage di energia. Fino alla “terza vita”, che riguarda l’estrazione delle materie prime, come il litio, riciclabile al 100%, e il loro riutilizzo. Anche su questo in ambito europeo si sta pensando a un framework normativo stringente che in futuro renderà le auto elettriche sempre più protagoniste della transizione energetica.