Fondazione Bracco: una mostra fotografica per le donne di arte e di scienza

Scritto da La Redazione di Sorgenia

Conversazione con Diana Bracco, Presidente di Fondazione Bracco e Presidente e CEO del Gruppo Bracco

Una mostra fotografica dedicata al genio femminile che si esprime nelle arti e nelle scienze. È questo “Ritratte. Donne di arte e di scienza”, una mostra fotografica curata dalla Fondazione Bracco dedicata ai volti, alle carriere e al merito di donne italiane che hanno conquistato ruoli di primo piano nell’ambito della scienza e dei beni culturali. La mostra, allestita negli spazi del Museo Carlo Bilotti, Aranciera di Villa Borghese, a Roma e visitabile gratuitamente fino al 10 settembre 2023, propone gli scatti del fotografo di fama internazionale Gerald Bruneau, nei quali sono immortalate dieci donne che hanno raggiunto posizioni apicali nel loro settore.

Le donne ritratte sono: Francesca Cappelletti, Direttrice della Galleria Borghese, Flaminia Gennari Santori, Direttrice delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini, Alfonsina Russo, Direttrice del Parco Archeologico del Colosseo, Evelina De Castro, Direttrice della Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, Tiziana Maffei, Direttrice del Museo Reggia di Caserta, Alessandra Celletti, Matematica, già Direttrice del Dipartimento di Matematica dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Maria Cristina De Sanctis, Planetologa, ricercatrice all’INAF di Roma, Paola Velardi, Ingegnere elettronico, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Informatica all’Università Sapienza di Roma, Valentina Bambini, Professoressa ordinaria di Linguistica alla Scuola Universitaria di Studi Superiori IUSS Pavia e Giulia Grancini, Professoressa associata di Chimica Fisica presso l’Università di Pavia e Direttrice del gruppo di ricerca PVsquared2 presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Pavia.

Della mostra e delle attività della Fondazione Bracco in sostegno delle donne ne abbiamo parlato con Diana Bracco, Presidente di Fondazione Bracco e Presidente e CEO del Gruppo Bracco.

Perché la Fondazione Bracco ha deciso di dedicare una mostra fotografica alle donne di arte e di scienza? 

L’attenzione per le donne – insieme a quello per i giovani – è uno dei fil rouge anche delle attività di Fondazione Bracco, nata nel 2012 per promuovere l’arte, la scienza e la solidarietà sociale. Per questo abbiamo sostenuto con convinzione il progetto “100 donne contro gli stereotipi”, avviato nel 2016 per valorizzare l’expertise femminile grazie alla collaborazione con l’Osservatorio di Pavia e l’Associazione Giulia Giornaliste (ideatori del progetto) e il sostegno della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea. Dopo la creazione della banca dati di esperte del settore STEM e dell’economia/finanza, la nostra attenzione si è rivolta alla politica internazionale, all’economia, alla storia e filosofia e infine allo sport.

Da qui nasce “Ritratte”: al centro di questa mostra, infatti, lo spettatore può apprezzare le competenze, il merito, le qualità intrinseche o acquisite che hanno portato queste donne eccezionali a rivestire ruoli di primo piano in ambiti diversi. Unendo due percorsi distinti ma complementari, “Ritratte” alterna dunque storie di donne alla guida di primarie istituzioni culturali del nostro Paese e di alcune tra le più importanti scienziate italiane, in un ideale unione di saperi umanistici e scientifici, un viaggio esemplare tra luoghi d’arte e laboratori.

Quali sono le ragioni che hanno guidato la scelta delle donne ritratte?

Le persone sono state scelte con la collaborazione del Centro Genders dell’Università di Milano e di altri qualificati enti di ricerca. Quanto ai profili, la mostra mette insieme volutamente due mondi, a volte pensati distanti: quello umanistico e quello scientifico. Da un lato, le direttrici dei musei italiani, “luoghi sacri alle Muse”, spazi dedicati alla conservazione e alla valorizzazione del nostro patrimonio artistico, custodi del nostro passato e laboratori di pensiero per costruire il futuro, ma anche imprese con bilanci e piani finanziari, che contribuiscono in modo cruciale alla nostra economia. Dall’altro, le scienziate, con racconti che rafforzano ancor di più l’empowerment e il contrasto agli stereotipi di genere nella pratica scientifica. Nel percorso fotografico le protagoniste, che di norma vivono spazi di lavoro appartati, che siano musei o laboratori, sono finalmente oggetto di attenzione collettiva, sono riconosciute nel loro ruolo. 

Nel nostro paese le discipline STEM non sono le preferite delle donne. Secondo lei iniziative di questo tipo possono aiutare a mutare i freni culturali che limitano le donne nella scelta delle materie scientifiche?

Nella diffusione dell’approccio scientifico, l’Italia sconta un gap che va superato al più presto, favorendo un grande salto culturale che coinvolga le famiglie e la società, anche attraverso un orientamento scolastico mirato. È urgente superare stereotipi e pregiudizi che rendono ancora difficile per le donne intraprendere una carriera nel mondo della scienza. La situazione sta migliorando e il trend sembra positivo, ma c’è ancora molta strada da fare e non soltanto nel nostro paese.

Secondo lei perché le donne fanno ancora fatica a scegliere le discipline Stem? 

Da una recente indagine di Terre des Hommes e OneDay Group che quest’anno ha coinvolto oltre 2000 ragazze adolescenti dai 14 ai 26 anni, e pubblicata in occasione dell’8 marzo scorso, emerge che oltre la metà delle ragazze (53,96%) si sente limitata, nelle scelte sul futuro, da stereotipi e retaggi discriminanti. Eppure, quello che viviamo è un vero e proprio paradosso: da un lato abbiamo tante giovani donne ai margini del processo produttivo e, dall’altro, le aziende non riescono a trovare i profili scientifici e tecnici di cui hanno bisogno. L’evoluzione e l’innovazione tecnologica hanno rivoluzionato il mercato del lavoro, determinando un incremento nella ricerca di profili STEM ma, a questa crescita, non è corrisposta un’adeguata offerta di risorse, soprattutto femminili, con background di carattere scientifico e informatico.

Invece c’è un rapporto più affine, più tradizionale, tra l’arte e le donne? 

Non saprei. Certo, stereotipi di lunga data hanno spesso confinato le donne in un ambito più “artistico” e meno scientifico. Ma in realtà, se pensiamo alla stessa storia dell’arte, vediamo che anche in questo ambito le donne hanno subito una secolare marginalizzazione. Non a caso nel 2021 la nostra Fondazione è stata Main Sponsor di una bella mostra di Palazzo Reale a Milano intitolata proprio “Le Signore dell’Arte”, una grande celebrazione del genio femminile in un tornante decisivo della storia dell’arte come il Barocco italiano. In quell’occasione abbiamo voluto portare un focus sull’arte al femminile: sia per la bellezza delle opere, spesso trascurate, sia per le entusiasmanti storie di queste pittrici che combattevano contro i pregiudizi e il confinamento riservato alle donne. Tra loro, molte le religiose, le giovani talentuose sorelle e figlie di pittori e alcune vere eroine come Artemisia Gentileschi, le cui opere rivaleggiavano con quelle dei pittori uomini dell’epoca.

Spesso le donne sono rappresentate attraverso stereotipi culturali vecchi. Secondo lei quali sono le azioni positive per sradicare e cambiare questo lascito del passato che fatica a dialogare con la modernità? 

Dobbiamo continuare a prevedere interventi che partano dai primi anni di scolarizzazione. A spingere in questa direzione, può aiutare anche il dato che indica chiaramente come la scelta di una laurea STEM offra possibilità più elevata di trovare occupazione: nel nostro Paese chi si laurea in discipline STEM raggiunge un tasso di occupazione dell’89,3% (4,1% in più rispetto a chi si laurea in altre discipline). La parità di opportunità e di diritti va infatti realizzata contestualmente in diversi ambiti della vita economica e sociale: dall’istruzione alla formazione, dall’occupazione al supporto all’imprenditorialità, dal credito alle donne al bilanciamento tra impegni familiari e lavorativi, possibilmente con l’ausilio anche di programmi di welfare aziendale. Condizione essenziale per progredire sul piano di una effettiva e sostanziale parità è innalzare l’occupazione femminile, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Come fare? Dobbiamo puntare sulle competenze: il vero empowerment passa per meritocrazia e skills.

Del resto nel mondo del business e della ricerca italiana lei stessa è una figura di ispirazione per tante giovani. La valorizzazione delle donne nei vari ambiti della vita sociale, economica, politica e culturale, è da sempre al centro del suo impegno.

Sì, in tutti i campi in cui mi sono cimentata, della responsabilità sociale d’impresa, alle istituzioni allo stesso mondo aziendale. Sono convinta, infatti, che il punto di vista femminile rappresenti un arricchimento in qualunque campo, e che lo sguardo attento delle donne porti sempre un contributo innovativo in termini di creatività, competenza, profondità. Con questo spirito l’anno scorso ho svolto l’incarico di B20 Women Empowerment Ambassador affidatomi da Confindustria nell’ambito del G20.

Cosa suggerirebbe alle ragazze che, proprio in virtù di questi stereotipi, limitano le proprie scelte formative prima e professionali poi?

Alle ragazze dico di non lasciarsi scoraggiare dai pregiudizi e tentare ogni strada senza condizionamenti. Ma ridurre il gap di genere è un obiettivo che deve riguardare tutti. Quella dell’educazione è una battaglia strategica in cui ognuno di noi gioca un ruolo importante e può essere un vero motore di cambiamento. Per questo, come Fondazione Bracco, in occasione della Giornata europea dei ricercatori, abbiamo lanciato il manifesto “Mind the STEM gap”, che tocca aspetti fondamentali dello sviluppo della persona: il linguaggio, gli stereotipi culturali, i modelli di comportamento, il gioco e lo sviluppo cognitivo, l’accesso ai saperi, la formazione continua. Guardatelo e firmatelo sul sito dedicato.