Monte Bianco, per i ghiacciai suona il requiem

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

È la provocazione lanciata alla fine dell’estate da Legambiente per attirare l’attenzione sui danni che il riscaldamento globale sta provocando in montagna

La fase dell’emergenza per il ghiacciaio di Planpincieux, in Valle D’Aosta, sul versante italiano del Monte Bianco, si è chiusa dopo mesi di apprensione il 19 dicembre 2019, quando l’inverno ha avuto la meglio scongiurando il rischio che grandi porzioni della formazione di ghiaccio, che aveva iniziato a muoversi, potessero staccarsi e creare pericoli.
Ma la scorsa estate è stata per i ghiacciai del Monte Bianco particolarmente drammatica, tanto che a fine settembre Legambiente ha organizzato una serie di manifestazioni, anche in collaborazione con i ragazzi di Fridays For Future, per attirare l’attenzione sui danni del cambiamento climatico e del riscaldamento globale negli ecosistemi montani.

Di cosa parliamo?

I ghiacciai delle alpi del Monte Bianco

Le alpi del Monte Bianco contano in tutto 40 vette che superano i quattromila metri di altezza, e si dividono tra Italia, Francia e Svizzera. Si tratta di una catena montuosa che occupa 400 chilometri quadrati, lunga approssimativamente 30 e larga 15 chilometri.
Ospita in tutto 101 ghiacciai. Sul versante italiano i ghiacciai principali sono poco più di 10, tra la Val Veny e la Val Ferret, mentre i più grandi e importanti si affacciano sul versante francese. Tra quelli che si trovano in Italia, spiccano il Ghiacciaio del Monte Bianco, il ghiacciaio di Planpincieux, e quelli del Frêney, della Brenva, del Miage, del Triolet e di Pré de Bar.

L’allarme al Planpincieux

L’allarme era stato lanciato a fine settembre dalla Regione Valle d’Aosta e dall’associazione Montagna Sicura: il ghiacciaio di Planpincieux, sul versante italiano delle Grandes Jorasses, era a rischio crollo, a causa dell’aumento della velocità di scivolamento e di uno spostamento a valle variabile tra i 50 e i 60 centimetri al giorno. Il pericolo, in quel periodo di fine estate, era che una lastra fino a 250mila metri cubi di ghiaccio potesse staccarsi in caduta libera verso valle. L’allerta portò il Comune di Courmayeur a chiudere la strada della Val Ferret e a interdire l’accesso al Rifugio Boccalatte-Piolti, mentre le autorità stabilirono un monitoraggio in tempo reale delle condizioni del ghiaccio per garantire il massimo della sicurezza.

Legambiente prende posizione

“La notizia di un possibile rischio crollo per il ghiacciaio Planpincieux testimonia ancora una volta come i cambiamenti climatici stiano minacciando anche le montagne italiane, e indirettamente le comunità locali – denunciò Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente – In particolare lo scioglimento dei ghiacciai e la biodiversità a rischio sono il primo campanello di allarme di un problema che ha una portata internazionale e che deve essere affrontato in maniera sinergica da tutti gli stati del mondo, perché come ha ricordato Greta Thunberg non c’è davvero più tempo da perdere. Bisogna intervenire al più presto altrimenti rischiamo di perdere gran parte dei ghiacciai italiani”.

Cambiamenti climatici: “Priorità alla montagna”

“Per contrastare i cambiamenti climatici – aggiungeva Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è fondamentale approvare al più presto un piano di adattamento ai cambiamenti climatici che abbia tra le sue priorità i territori montani, aree oggi molto fragili ma anche culle di storie ed esperienze virtuose. Chiediamo al Governo interventi concreti ed efficaci che mettano davvero al centro l’ambiente, dando risposte concrete ai tanti giovani che scendono nelle piazze di tutto il mondo sostenendo Greta Thunberg”.

La provocazione: “Requiem per un ghiacciaio”

In occasione dello sciopero mondiale per il clima, Legambiente ha così organizzato per il 27, 28 e 29 settembre una serie di iniziative ad alta quota riunite sotto il cappello comune di “Requiem per un ghiacciaio”, per attirare l’attenzione sul precario stato di salute dei ghiacciai italiani, a partire da quelli delle Alpi del Monte Bianco. L’evento principale della serie di manifestazioni, infatti, è stato quello che si è svolto in Valle d’Aosta con la veglia funebre per il ghiacciaio del Lys. Un omaggio alla montagna, così come agli ambienti e ai paesaggi che stiamo perdendo a causa dei cambiamenti climatici.
Oltre all’appuntamento in Valle D’Aosta, a cui hanno preso parte anche i ragazzi di Fridays for Future, il 27 settembre sono state organizzate anche salite al ghiacciaio del Monviso e a quello del Montasio, nelle Alpi Carniche. Nei giorni successivi, il 28 e 29 settembre, è stata la volta dei ghiacciai dello Stelvio, della Marmolada e del Brenta e per finire del ghiacciaio del Calderone, sul Gran Sasso.

Immagini a confronto: il nuovo volto dei ghiacciai

A di là delle emergenze quotidiane e dei rischi del cambiamento climatico, quali modifiche ha subìto il paesaggio della montagna e dei ghiacciai del Monte Bianco nell’ultimo secolo? L’unico modo per capirlo, si sono detti due ricercatori del 3DVisLab del Duncan of Jordanstone College of Art and Design, dell’Università di Dundee, è confrontare due fotografie scattate dalla stessa posizione a un secolo di distanza. Così Kieran Baxter e Alice Watterson sono prima riusciti a trovare le fotografie scattate in volo ai ghiacciai nel 1919 dal pilota e fotografo svizzero Walter Mittelholzer, e poi sono saliti su un elicottero per replicarle, scattando da 4.700, quasi all’altezza della vetta del Monte Bianco.

“La perdita di ghiaccio è stata chiara da subito, ma soltanto confrontando visivamente le foto si possono apprezzare nel dettaglio i cambiamenti subiti dal paesaggio in 100 anni”, racconta Baxter, che non fa mistero della propria amarezza, “soprattutto sapendo che lo scioglimento ha avuto un progressione accelerata negli ultimi decenni”.

Gli scatti dei due ricercatori riproducono dalla stessa altitudine e angolazione di quelle di Mittelholzer il ghiacciaio dei Bossons, la Mer de Glace e il ghiacciaio d’Argentière sul versante francese.