Discriminazioni di genere, progressi ridotti al minimo negli ultimi 10 anni

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

A evidenziarlo è il report “Gender social norms index” dell’Undp, lo Uniterd Nations Development Programme: i pregiudizi rimangono ancora radicati in nove persone su 10. Qualche esempio: il 40% del campione è convinto che gli uomini siano dirigenti aziendali migliori delle donne, e il 25% giustifica il fatto che un marito picchi la moglie

Negli ultimi dieci anni non sono stati fatti passi avanti apprezzabili nella lotta ai pregiudizi di genere: a ufficializzarlo è l’edizione 2023 del “Gender social norms index”, pubblicato a giugno dall’Undp, lo United Nations Development Programme, la principale organizzazione delle Nazioni Unite impegnata nel porre fine all’ingiustizia della povertà, della disuguaglianza e del cambiamento climatico.

 A testimoniarlo c’è il fatto che nove uomini e donne su dieci in tutto il mondo mantengano ancora oggi questo genere di pregiudizi. Soltanto per fare qualche esempio, la metà della popolazione mondiale è convinta che gli uomini siano leader politici migliori delle donne, più del 40% crede che gli uomini siano dirigenti d’azienda migliori delle donne, e il 25% è pronto a giustificare il fatto che il marito maltratti o usi violenza sulla moglie.

Di cosa parliamo?

I pregiudizi ostacolano la parità di genere

Secondo i dati che emergono dal rapporto e l’analisi dell’Undp proprio questo genere di pregiudizi è un ostacolo che si frappone alla parità di genere e al percorso che le donne hanno intrapreso in tutto il mondo per ottenerla. Su queste discriminazioni, infatti, si basa lo smantellamento dei diritti delle donne in molte parti del mondo, con l’affermazione di movimenti contro l’uguaglianza di genere e, in alcuni Paesi, con un’ondata di violazioni dei diritti umani.

Nessun progresso dal 1995

I pregiudizi, spiega l’Undp, si riflettono anche nella grave sottorappresentazione delle donne nella leadership. In media, dal 1995 la quota di donne che ricopre incarichi di vertice a capo di Stati e di governi è rimasta invariata al 10% del totale, mentre nel mercato del lavoro le donne occupano meno di un terzo delle posizioni manageriali.

Il legame tra istruzione ed emancipazione economica

Dal report dell’Undp emerge inoltre lo stretto legame che esiste tra i progressi delle donne nel campo dell’istruzione e l’emancipazione economica: infatti le donne sono più qualificate e istruite che mai, eppure anche nei 59 Paesi in cui oggi sono più istruite degli uomini, il divario medio di reddito tra i sessi rimane di uno sconcertante 39% a favore degli uomini.

I danni alla società e allo sviluppo

“Le norme sociali che pregiudicano i diritti delle donne sono dannose anche per la società in generale e frenano l’espansione dello sviluppo umano – spiega Pedro Conceição, responsabile dell’Ufficio rapporti sullo sviluppo umano dell’Undp – In effetti, la mancanza di progressi in materia di norme sociali di genere si inserisce in una crisi dello sviluppo umano: l’Indice di Sviluppo Umano (Isu) globale è diminuito nel 2020 per la prima volta nella storia e di nuovo l’anno successivo. Tutti possono trarre vantaggio dal garantire libertà e autonomia alle donne”.

Il ruolo dei governi

Per modificare le norme sociali di genere un ruolo centrale è quello dei governi: a dimostrarlo c’è il fatto, come sottolineato dal report, che le politiche di congedo parentale hanno modificato la percezione delle responsabilità del lavoro di cura, e le riforme del mercato del lavoro hanno portato a un cambiamento delle convinzioni sull’occupazione femminile.

“Un punto di partenza importante è il riconoscimento del valore economico del lavoro di cura non retribuito – sottolinea Raquel Lagunas, direttrice del Team di genere dell’Undp – Questo può essere un modo molto efficace per sfidare le norme di genere sul modo in cui viene considerato il lavoro di cura. Nei Paesi con i più alti livelli di pregiudizi di genere nei confronti delle donne, si stima che queste ultime dedichino al lavoro di cura non retribuito più di sei volte il tempo degli uomini”.

I dati incoraggianti

In un contesto che in generale non mostra segnali decisi di miglioramento non mancano però alcuni segnali incoraggianti per il futuro, come il fatto che in 27 dei 38 Paesi esaminati è in aumento la percentuale di persone che non hanno pregiudizi.

“Per guidare il cambiamento verso una maggiore uguaglianza di genere – spiegano gli autori del report – sarà fondamentale investire in leggi e misure politiche che promuovano l’uguaglianza delle donne nella partecipazione politica, l’aumento dei meccanismi di assicurazione, come il rafforzamento dei sistemi di protezione sociale e di assistenza, e l’incoraggiamento di interventi innovativi per contrastare norme sociali dannose, atteggiamenti patriarcali e stereotipi di genere. “Ad esempio – spiega il report – la lotta all’odio online e alla disinformazione di genere può contribuire a spostare le norme di genere pervasive verso una maggiore accettazione e uguaglianza”.

Tra gli interventi più urgenti segnalati dal report ci sono quelli più strettamente educativi, utili a dare un contributo per cambiare le opinioni delle persone fin dalla fase della loro formazione. Ma accanto a questo sarà necessario pensare anche a decisioni politiche e a modifiche legislative che riconoscano i diritti delle donne in tutte le sfere della vita e garantiscano loro una maggiore rappresentanza nei processi decisionali e politici.