Creme solari, ecco dove sono vietate per difendere i coralli

Scritto da Ettore Benigni
Giornalista

Alcune sostanze contenute nelle protezioni per la pelle sono particolarmente nocive per le barriere coralline. Tanto che diversi Paesi, dalla Tahilandia alle Hawaii, hanno proibito l’uso di quelle più inquinanti

Tra i responsabili dello sbiancamento delle barriere coralline ci sono anche alcune sostanze contenute nelle più comuni creme solari. Tanto che una serie di Paesi ne hanno vietato l’utilizzo, stabilendo una serie di regole a protezione degli organismi marini. Ma una buona norma, al di là delle leggi e dei divieti, sarebbe quella di essere consapevoli degli effetti collaterali dei prodotti che scegliamo per la cura del nostro corpo, e di orientarci verso quelli che non provocano danni all’ambiente, a prescindere dalla vicinanza ai paradisi naturali più famosi del mondo.

Di cosa parliamo?

Un solo nemico: l’ossibenzone

A lanciare l’allarme era stata una ricerca di Green Fins, associazione attiva nel campo del turismo marino sostenibile che opera principalmente nel Sud-Est asiatico, nei Caraibi e nell’Oceano indiano, e che collabora con i principali attori commerciali, istituzioni e comunità dell’area. Al centro dell’attenzione è così finito l’ossibenzone, composto organico contenute nella gran parte delle creme solari più utilizzate su scala planetaria, che sarebbe tra i responsabili del degrado che le barriere coralline stanno progressivamente subendo a causa delle attività dell’uomo. Soltanto in quelle al largo delle coste statunitensi, ad esempio, ogni anno si concentrerebbero fino a 6mila tonnellate di creme solari, causando una sorte di “overdose” di sostanze nocive per la flora locale.

I paesi dove è vietato l'uso

Diversi governi hanno ormai preso la decisione di vietare l’utilizzo delle creme solari più inquinanti e pericolose per i coralli. E’ il caso ad esempio delle Isole Vergini americane, dove dal 20 luglio 2019 le autorità locali hanno vietato la vendita di creme che contengano Ossibenzone, Ottinoxato e Octocrtylen. Stesso discorso per le Hawaii, dove dal primo gennaio 2021 non possono più essere vendute protezioni solari che abbiano tra gli ingredienti Ossibenzone o Ottinoxato: unica possibilità per utilizzarle è avere una prescrizione medica. Ancora più ampio il divieto in vigore dal 2020 sull’isola-stato di Palau, dove non si possono utilizzare creme che contengano Ossibenzone Ethyl Paraben, Ottinoxato, Butyl Paraben, Ottoclyrene, 4-Methyl-Benzylidene Camphor, Benzyl Paraben Triclosan, Methyl Paraben e Fenoxyetanolo. Le misure restrittive sono arrivate anche in Messico, nei parchi naturali di Xel-lha e Xcaret, nella penisola dello Yucatan, dove si chiede ai turisti di servirsi esclusivamente di prodotti per la protezione solare che utilizzino ossido di zinco e di titanio. Un divieto simile vige anche in Thailandia, dove i trasgressori sono chiamati a pagare sanzioni che possono arrivare fino all’equivalente in Bath di 2.600 euro. Ma al di là delle multe, una buona pratica per i bagnanti, ovunque si trovino, sarebbe di non utilizzare prodotti che tra gli ingredienti riportino la presenza di Butylmethoxydibenzoyl  Methan per l’Avobenzone, Benzophenone-3 per l’Ossibenzone, Octocrylene o Terephthalylidene Dicamphor Sulfonic Acid per l’Ecamsule. 

La conferma della ricerca sugli anemoni

A dimostrare la tossicità dell’ossibenzone per i coralli è anche una recente ricerca pubblicata sulla rivista Science, che ha preso in esame il comportamento degli anemoni, molti simili ai coralli, analizzando la loro reazione all’interno di acquari. Ne è emerso che una volta esposte le piante all’ossibenzone e poi alla luce solare simulata,  sono morte in 17 giorni.