Il 39% dei rifiuti sulle nostre spiagge sono mozziconi di sigarette, a seguire pezzi di plsatica e tappi di bottiglie

Il mare è una risorsa preziosa che troppo spesso non viene adeguatamente curata e tutelata. È una risorsa economica, basti pensare ai numeri della Blue economy, ma anche culturale, capace com’è di plasmare l’identità di luoghi e comunità. Eppure, troppo spesso il mare, così come le spiagge, sono trattate alla stregua di discariche nei quali riversare rifiuti dopo una gita in barca o abbandonare i resti di un pic-nic o di un falò estivo. Tutti questi rifiuti vanno a formare la “Marine litter”, letteralmente spazzatura marina, espressione con cui si indicano tutti i rifiuti marini, di origine antropica, che volontariamente o involontariamente finiscono in mare e che poi il mare restituisce sulle coste. Per tracciare la situazione e controllare le condizioni di salute del nostro mare e delle nostre spiagge l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha rilasciato l’app Marine Litter Watch, uno strumento di monitoraggio e citizen activism.

Di cosa parliamo?

Che cos'è la Marine Litter

Secondo il CNR si stima che circa 100 milioni di tonnellate di rifiuti sarebbero entrate negli oceani tra il 1990 e il 2015. Tra questi la maggior parte sembrano essere in plastica: bottiglie alla deriva, sacchetti, mascherine chirurgiche e contenitori di varia natura.

Le enormi quantità di spazzatura di plastica e gli altri detriti che sempre più spesso si trovano in mare, danneggiando la flora e la fauna marina e, potenzialmente, minacciano la salute umana. L’ISPRA spiega che l’impatto che deriva dalla spazzatura marina viene generalmente diviso in tre categorie principali:

  1. impatto ecologico – con effetti letali o sub letali su piante e animali mediante intrappolamento, danni fisici e ingestione, accumulo di sostanze chimiche attraverso le plastiche e facilitazione della dispersione di specie aliene mediante trasporto;
  2. impatto economico – riduzione del turismo, danni meccanici alle imbarcazioni e alle attrezzature da pesca, riduzione del pescato e costi di bonifica;
  3. impatto sociale – riduzione del valore estetico e dell’uso pubblico dell’ambiente.

L'impegno dell'Unione Europea

I rifiuti marini, insomma, causano inquinamento che arreca gravi danni agli ecosistemi oceanici. Tuttavia, si sa ancora troppo poco di questa enorme massa di rifiuti che infesta i nostri mari. La direttiva quadro sulla Marine Strategy (MSFD) ha impegnato gli Stati UE a definire una serie di misure per tutelare degli ecosistemi marini in Europa. Al momento, non ci sono dati sufficienti per valutare correttamente il problema dei rifiuti marini. Per aiutare a comprendere questo problema, l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha lanciato Marine Litter Watch, un’app che utilizza la tecnologia per aiutare ad affrontare il problema dei rifiuti marini.

Come funziona Marine Litter Watch

L’app Marine Litter Watch si fonda sull’attivismo e sulla condivisione dei risultati. Gruppi organizzati e semplici cittadini possono utilizzare l’app per caricare i dati sui rifiuti che trovano sulle spiagge che frequentano. Questi dati saranno poi utilizzati per comprendere meglio il problema, stilare classifiche e cercare soluzioni. Nelle intenzioni tali risultati serviranno a esercitare una pressione civica sui policymaker in materia di tutela del mare.

La top 10 dei rifiuti sulle nostre spiagge

All’interno dell’app Marine Litter Watch è possibile consultare la classifica dei rifiuti più spesso rinvenuti sulle nostre spiagge. Al primo posto ci sono i mozziconi di sigarette, costituiscono il 39% di rifiuti restituiti dal mare e abbandonati in spiaggia. Al secondo posto, a una distanza ragguardevole, ci sono pezzi di plastica (il 7% del totale), residui di oggetti più grandi, frantumati dal tempo e dall’esposizione alle intemperie. Occupano il gradino più basso del podio, a pari merito al 3% del totale, tre presenze indesiderate molto diffuse sulle nostre spiagge: i pezzi di polistirolo, i tappi di bottiglie e le buste della spesa. Spesso i contenitori in polistirolo sono usati per riporre il pescato, è molto facile che i residui presenti sulle nostre spiagge derivino da uno smaltimento non attento dei rifiuti dei pescherecci. I tappi delle bottiglie e le buste della spesa testimoniano l’incuria che spesso hanno i frequentatori delle spiagge. A seguire ci sono rifiuti, tutti al 2%, che è facile ritrovare sulla battigia soprattutto dopo una mareggiata: carte di caramelle, pezzi di vetro o di ceramica, cotton fioc e anelli di plastica e stringhe. A occupare l’ultimo posto in questa poco onorevole classifica i contenitori di cibo. La classifica racconta tutta la difficoltà che abbiamo nel frequentare l’ambiente marino senza lasciare la nostra, pesante, impronta ambientale.

I 5 passi per attivarsi

Gli utenti che usano l’app possono comunicare e condividere i propri eventi. È consultabile, infatti, una lista di tutti gli appuntamenti passati e futuri. Inoltre, è possibile scaricare dal sito una guida che permette di creare e gestire una comunità di tutela del mare e delle spiagge. I cinque passi sono:

  1. creare e gestire una comunità attraverso il portale Web o inviando un’e-mail a EEA per creare una comunità;
  2. organizzare un evento. Gli organizzatori di eventi possono allestire una spiaggia e un evento utilizzando il portale web o l’app;
  3. coordinare i partecipanti il ​​giorno dell’evento dando istruzioni su come organizzarsi, svolgere il sondaggio e inviare i dati;
  4. assicurarsi che tutti i partecipanti inviino i dati del sondaggio entro 28 giorni;
  5. dare un feedback ai partecipanti con i dati resi disponibili sul sito web dell’AEA

L'esperimento social del museo virtuale dell'Archeoplastica

Se la collaborazione è alla base del funzionamento dell’app Marine Litter Watch, la condivisione, anche attraverso i social network, può aiutare ad aumentare la consapevolezza di un fenomeno così grave e anche a risolvere qualche “cold case”. Lo sanno bene i volontari del museo virtuale Archeoplasticache hanno raccolto, fotografato, mappato e affidato ai canali di riciclo, più di 500 oggetti in plastica restituiti dal mare e provenienti dai decenni passati. I più antichi risalgono addirittura agli anni ’60. Si tratta di contenitori di creme solari, insetticida, detersivi, gelati ma anche il pallone di Italia ’90: sono tutti rifiuti in plastica che il mare ha raccolto, trasportato, custodito anche per più di 50 anni e restituito sulle nostre spiagge. Singolare è il caso dell’orsetto rosa ritrovato sulle spiagge del Salento. Un flacone, da due litri, che riportava etichette in una lingua diversa dall’italiano. I volontari, grazie alla condivisione sui social network, sono riusciti a ricostruire “l’identità” dell’orsetto: un flacone contenente un ammorbidente mai venduto in Italia ma commercializzato in Albania nei primi anni 2000.

Leggi l’intervista a Enzo Suma, ideatore di Archeoplastica: “Archeoplastica, i rifiuti restituiti dal mare per educare alla sostenibilità”